Quel giorno, a Paternò, di buon mattino, nel fresco dell’alba, mentre il sole si affacciava ad Oriente, uno stormo di passeri – che aveva trascorso la notte sugli alberi nelle due piazze dedicate a Santa Barbara e a Dante Alighieri – si unì ad un altro più numeroso che proveniva da piazza San Francesco di Paola, non lontana da casa Ciravolo.
In assoluto silenzio quei teneri passeri raggiunsero il tetto dell’abitazione di via Milici n. 15, in pieno centro storico, pronti ad accompagnare l’anima di Angelo Nunziato Ciravolo che iniziava a salire, alta e serena, nell’azzurro di Dio.
La gara della vita di Angelo Nunziato Ciravolo (Angelino per amici e parenti) si era conclusa. L’ultima partita a scacchi l’aveva vinta la morte.
Era il 22 Ottobre 2015. Angelino Ciravolo non era più tra i vivi; attraversava la porta dei Cieli per andare a sedersi accanto al Padre.
Lo aveva colto improvvisa la morte come un frutto maturo! Lo aveva falciato tra le voci lontane del vento nella sua modesta casa di Paternò, sua città di nascita, una città ricca di arte, di storia e di tanti uomini illustri seppur riservati come lui.
Una persona cara da ricordare ai giovani di oggi e di domani, una piccola luce perenne di cultura e conoscenza della civiltà millenaria del territorio etneo e non solo.
E’ morto ad ottantotto anni Angelino, lasciando una eredità culturale carica di sentimenti e di grande ed inestimabile valore.
Uomo di vasta cultura enciclopedica, molto versatile nella vita: giovane regista di commedie teatrali, maestro di scherma, maestro di pianoforte, di danza,docente con diploma di musica e canto nelle scuole statali trentine, giocatore e maestro di scacchi, giudice internazionale nelle gare di ballo, poliglotta autodidatta.
Mi sembra di vederlo passeggiare nella via principale di Paternò con lo sguardo tenero e silenzioso, da solo o con amici, con il suo sorriso appena accennato e con una grande carica di umanità che ci trasmetteva le rare volte in cui partecipava alle conferenze che si svolgevano al circolo “Benedetto Croce”, nella sede di via Vittorio Emanuele n. 196.
Dopo la conferenza andava via subito, schivo come era nei rapporti con la gente. Non dimostrava alcuna superbia; la sua era una riservatezza innata nel suo Dna, genuina, cresciuta come l’erba verde e profumata sui prati, fatalmente falciata nella stagione della mietitura.
Non amava collezionare o custodire i vari premi e gli ambìti riconoscimenti ottenuti nel corso delle sue molteplici attività agonistiche.
Era un uomo che ha sempre creduto nell’amicizia e nella forza trainante della cultura della terra natia. Amava molto il teatro. Spesso frequentava il teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania ed anche i teatri greci di Siracusa e Taormina.
Visse molto a Milano, dove era socio del circolo “Gli amici della Francia”; ciò gli permetteva di avere diritto al 50% di sconto per entrare nei migliori teatri lombardi.
Assiduo frequentatore dei concerti musicali celebrativi seguiva quasi tutti “gli inviti alla musica” del British Council Institute di Milano.
La sua era una personalità ricca, variegata, densamente ansiosa di luce, di speranza, di verità.
La sua passione più grande era il pianoforte, così come i libri che gli hanno trasmesso i geni della cultura, i valori dell’onestà e della lealtà.
Consultava spesso i libri professionali presso la Biblioteca comunale di Milano; e quelli di Letteratura Italiana ed Estera presso l’Università Cattolica Sacro Cuore.
Se n’è andato senza chiedere il perché, per arresto cardio-circolatorio, senza potersi voltare indietro, senza poter salutare i parenti e gli amici più cari.
Adesso ha un volto “vivente” solo per me. E’ quello che mi è rimasto impresso nella memoria l’ultima volta in cui l’ho visto a Paternò, tanti anni addietro.
Di certo oltre un quarto di secolo fa.
E’ morto improvvisamente, impreparato alla morte, così come avvenne con i suoi cari, travolti dalle macerie causate dai funesti bombardamenti compiuti da dodici aeroplani anglo-americani su Paternò il 14 luglio 1943.
Quel maledetto giorno Angelino perdeva il padre Francesco a solo 48 anni, la mamma Maria a 36 anni, ed il fratellino Giuseppe di appena 11 anni.
Erano le persone più care e tali rimasero eternamente presenti nella memoria di un sedicenne, divenuto orfano presto e rimasto drammaticamente solo!
Una tragedia umana che gli ha segnato la vita per sempre. Anche i suoi genitori (si erano sposati il 21 luglio 1926), quel fatidico giorno dell’inizio dei bombardamenti aerei, andarono via senza dirgli niente, lasciandolo solo, incolume, sotto la tavola da pranzo, illeso nello strazio dell’anima, solo nel mistero della morte, che gli lascerà una profonda e lacerante ferita per tutto il cammino della sua vita.
In parte lo aiutò lo zio prete, don Domenico Ciravolo, genuina sorgente di luce e di fede, tra le mille sfaccettature della vita piena di ostacoli continui ed inevitabili nella quotidiana sopravvivenza di un adolescente.
Divenne subito il nuovo “pater familias” di Angelino, un secondo padre sino al giorno della sua morte (avvenuta a Paternò il 20 maggio 1975, all’età di 74 anni).
Quando lo zio prete lo portò ad abitare a casa sua, in via G. B. Nicolosi n. 75, don Domenico Ciravolo era parroco nella Chiesa di Sant’Antonio Abate e celebrava la Santa Messa pure nella chiesetta dell’albergo dei poveri (oggi Residence S. Bellia), nel quartiere dell’Annunziata, nei pressi del vecchio convento dei frati cappuccini a Paternò.
Era anche celebrante nella chiesa San Gregorio Magno o del Santissimo Sacramento, sede della seicentesca omonima confraternita oltre che archiviario della curia foranea di Paternò.
Spesso nei giorni domenicali e festivi Angelino andava a trovare lo zio prete nella chiesa di Sant’Antonio Abate; difficilmente rimaneva nella piazza dove c’era la caserma di pubblica sicurezza; rivedeva mal volentieri le sedi dei figli della Lupa, dei Balilla, della Gioventù Italiana del Littorio, lo slargo adiacente alla caserma dove si svolgevano le esercitazioni giovanili del Campo Dux. In cuor suo, Angelino era un antifascista; ecco per cui evitava qualsiasi frequentazione di quei luoghi.
Negli anni successivi, infatti, iniziò a frequentare i locali dell’Azione Cattolica. La sede della Gioventù Italiana di Azione Cattolica era ubicata nei locali sotto la chiesa del Monastero; vi si accedeva dalla via Giacomo Leopardi oppure dalla piazza della Concordia, meglio conosciuta come piazza Santa Caterina d’Alessandria. Si poteva accedere anche da piazza Indipendenza, attraverso i gradini di una piccola scalinata accanto alla fontanella (‘u pupu). Nell’ Associazione “Sacro Cuore” divenne delegato giovanile; coordinatori, meno giovani erano: Luigi Lojacono, Ciccio Giuffrida, Turi Sinatra, etc..
In quel periodo Angelino portava ancora con sé il dramma della guerra. Ricordava i bombardamenti aerei, lo strazio della morte dell’intero suo nucleo familiare, gli attimi della sua sopravvivenza, il trauma e la disperazione della sua fuga dai luoghi di macerie e morte. Lungo la strada, assai stordito fu soccorso dal giovane seminarista Giovanni Parisi, che cristianamente ebbe modo non solo di salvarlo da quei luoghi infernali ma addirittura di accompagnarlo in casa dello zio prete, avendo riconosciuto in quel giovane disperato il nipote di don Domenico Ciravolo.
Il suo salvatore, da lì a pochi anni, sarebbe divenuto un prete: don Giovanni Parisi, colui che in futuro sarà costruttore di pace e di un oratorio “San Giovanni Bosco”, nel quartiere Coniglio a Paternò.
Don Giovanni Parisi, nato a Paternò il 27 giugno 1922, ordinato sacerdote il 29 giugno 1945, morirà il 18 luglio 2011 nella città di nascita.
Il 14 luglio 1943, raggiunta la casa dello zio prete, tutti i parenti di Angelino, sopravvissuti ai bombardamenti sfollarono insieme con lui nelle campagne paternesi in contrada “Bella Cortina”, trovando sereno rifugio dal dramma della guerra mentre la città in poche settimane venne bombardata per ben diciotto volte con oltre quattromila morti ed altrettanti feriti.
Angelino trascorse con tristezza quel periodo; erano i giorni in cui i più fortunati riuscirono a sfollare nelle campagne vicine e a rifugiarsi nelle grotte sulla collina accanto al Santuario della “Madonna della Consolazione” o in altre campagne fuori paese, soffrendo la fame mentre alcuni militari italiani, carabinieri, vigili urbani, funzionari comunali, privati cittadini, sprezzanti del pericolo si adoperarono a seppellire i morti quando era possibile oppure procedere al loro incenerimento necessario per evitare epidemie.
Ed inceneriti furono i genitori ed il fratellino di Angelino, bruciati per sempre, destinati a non avere una tomba con i corpi ivi inumati!
Paternò in quei giorni era divenuta una città spettrale; per le strade solo morti sotto le macerie; nelle piazze, nei quartieri di: Montecenere, Quattrocanti, alle Palme, solo civili e militari dilaniati dalle schegge e dai colpi di mitraglia. Una vera e propria apocalisse!
Tanto che nel 1973 la città fu insignita della Medaglia d’oro al valore civile.
Nell’immediatezza del dopo guerra si gridò al miracolo da parte di cittadini che si erano salvati sfollando nelle campagne vicine al paese. Si disse che Santa Barbara li aveva fatti uscire indenni dalle macerie. Un vero prodigio! Purtroppo asseriva Angelino Ciravolo nessun miracolo era avvenuto per i suoi cari; non solo trovarono una morte fulminea ma addirittura furono cremati, mentre lo zio prete Don Domenico Ciravolo, in quei giorni, nelle campagne di Bella Cortina, insieme a tutti gli sfollati, celebrava la Messa dopo aver miseramente addobbato un altare sotto gli alberi di mandarini e nel pomeriggio recitava il Santo Rosario noncurante delle bombe che cadevano nelle campagne limitrofe.
Un’altra figura esemplare, in quei giorni, fu il Canonico Antonio Vitale (1879-1948), rettore della Chiesa della Madonna della Scala (via Garibaldi n. 67) e cappellano dell’albergo dei poveri “Salvatore Bellia”.
Il prete dei poveri, lasciate le macerie della guerra, si trovò a celebrare la Messa per gli sfollati e per i sinistrati davanti ad un altare improvvisato in un giardino dell’ingegnere Enrico Guido (1898-1984) , in contrada Patellina, sulla strada Paternò Belpasso, comunicando ai fedeli, sconvolti delle atrocità delle guerra, la sua incrollabile fede in Cristo Crocifisso e Risorto. Invece Don Filippo Tripi (1882-1960), denominato il canonico della Consolazione, nel feudo Ardizzone, là dove in seguito sorgerà la Chiesa dello Spirito Santo, fu costretto a battezzare i bambini durante la guerra con le acque della “Fontana del Lupo” in nome dello Spirito Santo.
Angelino ricordava sempre la tragicità di quegli eventi bellici e la perdita dei propri cari, morti per incursione aerea, divenuti testimoni di una tragedia collettiva, viventi aneliti di pace, tra le migliaia di altre vittime, eloquenti ed eterni messaggi contro le guerre che lasciano solo desolazione nel cuore dei sopravvissuti che vivono il loro ricordo amaro sul treno della memoria, sul fiume del tempo, sul binario della vita.
Tali ricordi giammai allontaneranno da Angelo Ciravolo il buio delle ferite dell’anima, il tarlo del silenzio che spesso lacera il cielo sugli occhi provocando una psicosi inibitoria, un blocco interiore che non gli permetterà mai di ultimare una iniziativa brillantemente intrapresa nella vita, così come avvenne negli studi universitari o nella ricerca di una “compagna nella vita”!
Angelino Ciravolo, superati gli esami di maturità al Liceo “Nunzio Spedalieri” di Catania, nell’anno scolastico 1945-1946, veniva accompagnato a Milano dallo zio prete per iscriversi nella Facoltà di Lettere dell’Università Cattolica Sacro Cuore.
Nel capoluogo lombardo avvertiva una grande difficoltà durante gli anni di frequenza degli studi universitari. Condizionato da motivi economici, Angelino, suo malgrado abbandonava il corso di laurea anche per una sopravvenuta paralizzante timidezza.
Con il pianoforte, che lo zio prete gli aveva regalato nell’età giovanile, iniziò a tenere dunque lezioni private di musica ma non solo, anche di materie scientifiche, letterarie ed in modo particolare lingue straniere. Non avendo tralasciato mai lo studio della musica ne conseguiva in Conservatorio il relativo diploma.
Al pianoforte era molto in gamba tanto da suonare l’organo armoniosamente, nei primi anni Cinquanta anche nel Santuario di Maria Santissima della Consolazione, e nel 1954 nella Chiesa del Monastero dopo il trasferimento del prof. Carmelo Bellia da Paternò a Piazza Armerina poiché aveva vinto il concorso di direttore del Corpo musicale della città ennese.
Il 10 luglio 1955 a Milano conseguiva il brevetto di insegnante di ballo, abilitato nell’insegnamento di danze moderne, da sala e di uso comune, con specializzazione nelle danze di stile internazionale e ciò presso la sede della Federazione Italiana Professionisti della danza – sede nazionale di esami – Milano, dove Angelino iniziò ad insegnare musica nelle scuole private tenendo contemporaneamente nel medesimo luogo corsi di danza con grande professionalità. Nello stesso anno chiedeva di rinnovare il passaporto, divenendo cittadino del mondo in qualità di giudice nelle gare di danza internazionale, su segnalazione dell’Associazione dei Maestri di Danza di Milano.
Negli anni accademici 1965-68 frequentava la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Ateneo di Catania (matricola n. 11009 del 5 novembre 1965). Sostenne gli esami in varie materie ma non conseguì mai la laurea.
Divenne un bravo e caparbio studente autodidatta di lingue straniere: inglese, francese, tedesco, arabo, esperanto, siriaco, ebraico, etc.., che gli furono utili nella vita professionale e durante tutti gli anni in cui svolse incarichi di giudice internazionale, nelle gare di ballo che si svolgevano in varie città italiane ed estere.
Fu un ottimo presentatore di manifestazioni culturali e folkloristiche in varie città d’Italia, più volte riprese e trasmesse al pubblico dalla Rai (Chianciano Terme 1964; Paternò, Carnevale 1972; ecc…).
Una vita, la sua, culturalmente poliedrica, iniziata come giovane regista nel teatro parrocchiale nella chiesa di Santa Barbara a Paternò oppure con “Addio giovinezza” di Camasio ed Oxilia al teatro paternese Metropol (Paternò, 1962) ed ancora “Fantasio” 1973 di De Musset con traduzione ed adattamento a cura dello stesso Ciravolo, con spettacoli anche nel comprensorio siciliano, quali Belpasso, Adrano e Gela.
Tenne vari corsi di scherma a Paternò con successo. Fu pluripremiato, altresì, nelle gare di scacchi quale maestro giocatore siciliano per corrispondenza nei vari tornei nazionali. Per quest’ultima attività agonistica svolse anche incarichi di giudice di gara. Il suo nome è stato segnalato quale vincitore di gare di scacchi in riviste e pubblicazioni specializzate (I libri di scacchi Italia). L’autore Santo Spina ha parlato di Angelo Ciravolo nella sua opera “I giocatori Siciliani” dal 1500 al 1975-edizione Milano 2011, a cura della Federazione Scacchistica Italiana.
Socio della Società Italiana Maestri di Danza ne divenne presidente nel 1977. Nel 1995 collaborava attivamente all’atto di costituzione di un’altra società italiana dei maestri di danza (S. I. M. D).
Nel 1978 aveva iniziato ad insegnare musica e canto nelle scuole del Trentino, tra cui il quinquennio unitario sperimentale a Cavalese, un comune della provincia autonoma di Trento, nella regione del Trentino Alto Adige. Una cittadina che Angelo Ciravolo apprezzava proprio per il paesaggio e la tranquillità della vita a misura d’uomo.
In quel piccolo centro ha dato tutto se stesso agli alunni, divenendone maestro di vita, tenero, premuroso, sebbene riservato e taciturno; un’enciclopedia vivente con una vasta cultura umanistica e non solo.
Quando andò in pensione a scuola decise di trasferirsi a Castello-Molina di Fiemme, non molto distante da Cavalese, dove trascorse serenamente tutta la vita da pensionato non esimendosi dal collaborare col collega prof. Claudio Tugnoli, sin dagli anni Ottanta, alla traduzione dei testi biblici dall’ebraico e dal siriaco.
Quest’ultimo lavoro era in corso ancora quando Angelino decideva di recarsi in Sicilia per visitare la tomba dei propri morti ad ottobre 2015; purtroppo in seguito ad un arresto cardio-circolatorio Angelino Ciravolo veniva a mancare ai vivi a Paternò il 22 ottobre 2015; per la sua scomparsa a Castello Molina vi fu il lutto cittadino.
In casa non è stato trovato alcuno dei premi ricevuti in occasione dello svolgimento delle sue molteplici ed eterogenee attività agonistiche, svolte lungo tutto l’arco della sua vita. C’erano delle foto, di cui gran parte riguardano la sua famigliola prima della guerra del 1943.
Il collega e amico prof. Claudio Tugnoli lo ha ricordato attraverso un suo articolo pubblicato dai quotidiani trentini (“Trentino-Corriere delle Alpi”del 27 Ottobre 2015, e “L’Adigetto” del 24 Ottobre 2015), nella immediatezza della morte di Angelino Ciravolo, scrivendo tra l’altro: “Nella mia lunga carriera non ho mai conosciuto qualcuno che lo eguagliasse per versatilità, erudizione, vastità e profondità di competenze nelle più diverse direzioni… Era un uomo all’antica, non amava il frastuono né l’esibizionismo di una società come quella attuale in cui il voyarismo sembra diventato il sale della vita. Aveva conosciuto il fascismo che detestava al pari del comunismo, perché credeva fermamente nella libertà e nel diritto di difenderla da tutto e da tutti”.
Lo scrittore paternese Carmelo Ciccia, residente da tempo a Conegliano Veneto (TV) in un suo articolo pubblicato dal periodico d’informazione “L’Alba” di Motta Sant’Anastasia (CT) nel gennaio-febbraio 2016, ha scritto : “La scomparsa di Angelo Ciravolo è una perdita preziosa di un uomo di straordinaria cultura, antifascista ed anticomunista, che fu vicino alle posizioni della Chiesa Cattolica… con una cultura pressoché enciclopedica, particolarmente in campo umanistico e storico ecclesiastico, che comunemente incrementava…; amava andare a vedere quando veniva in Sicilia, da solo o con amici, qualche spettacolo ai teatri greci di Taormina e Siracusa. La sua scomparsa è stata sentita come una perdita anche a Paternò”.
In data 19 febbraio 2016 la biblioteca del borgo di Sferro, frazione di Paternò, veniva arricchita di oltre un migliaio di libri donati dagli eredi di Angelino Ciravolo.
A tal proposito il giornalista Anthony Distefano su www.95047.it, in data 20 Febbraio 2016, riportava con entusiasmo l’evento culturale: <<….Ieri mattina un carico di almeno un migliaio(ma è probabile che siano di più)di libri ha invaso la sede di Sferro: assieme ai volumi anche una decina di scaffali che daranno alla Biblioteca un tocco, ora sì, un po’ più”formale”. Si tratta di una donazione dell’ex docente paternese di musica e canto Angelo Ciravolo, scomparso il 22 ottobre dello scorso anno.
Una collezione vastissima fatta di testi, riviste e persino dischi che gli eredi di Ciravolo hanno voluto fermamente consegnati alla Biblioteca. Un bel gesto!
La famiglia di Ciravolo si è resa protagonista di un grande gesto, che va… ad arricchire quello che è già presente a Sferro ma che dà il senso della credibilità che questa biblioteca ed i ragazzi stanno acquisendo. Ma aggiungo dell’altro.
La sensibilità della famiglia di Ciravolo la si intuisce anche dal dono fatto al “Salvatore Bellia”: l’IPAB sarà destinatario del pianoforte del prof. Ciravolo. Un regalo destinato agli anziani della struttura>>.
Adesso lungo il filo della memoria, avvertendo l’inquietudine del presente, rivivo con nostalgia, quasi un concerto di cuore e memoria, le varie dichiarazioni d’affetto rilasciatemi da alcuni amici che hanno conosciuto meglio di me in passato Angelino Ciravolo.
In pochi giorni sono divenuto testimone della storia umana di un mio concittadino che “avevo perso di vista” da quando si era recato nel Trentino ad insegnare, oltre quarant’ani orsono. Una vita ricca di nubi e squarci di sole, di eventi che appartengono ad un mondo che sta smarrendo la memoria e che io ostinatamente desidero che riviva oggi domani sempre.
Sono messaggi, ricordi, esplosi in memoria di Angelo Ciravolo, che tracciano la vita intensa di un uomo di cultura senza frontiere.
La voglia di ricordarlo è venuta fuori “Ab imo pectore” (dal profondo del cuore), quasi un’ intima esigenza di andare oltre il silenzio, artefice di meditazione e propedeutico alla parola che si fa canto dell’anima, ovvero, come afferma il poeta latino Publio Siro, “Specchio dell’anima”.
In Angelo Ciravolo non è andata mai via la sottile vena di malinconia che riesce a fare superare l’equilibrio interiore di un uomo che dopo la guerra è rimasto in vita ma col cuore a lutto, smarrito sui selciati del mondo, dove bene primario, per un siciliano, sono gli affetti della famiglia.
C’era in lui il ricordo continuo di una lapide, un fiore reciso dalla guerra del ’43, una croce, dove d’estate le farfalle si posano leggere come in preghiera e d’inverno il respiro del vento batte sui crisantemi appena offerti ai propri cari, là dove riposano i giusti, nel cimitero monumentale, sulla Collina normanna di Paternò, satura d’arte e di millenni di storia. Nella stanza della sua anima visse perenne l’esigenza di allontanare dalle sue gote il gusto salmastro delle lacrime sgorgate troppo in fretta nell’età dell’adolescenza e troppo in fretta da lui stesso asciugate.
Nel “mito del sapere” egli è diventato un uomo di cultura senza frontiere, una nave che solca il mare della vita con il carico prezioso della conoscenza, un valore che gli ha consentito di entrare in possesso di una forte personalità interiore, divenendo soggetto portatore di valori universali in una caleidoscopica visione della propria vita.
Una vita dalla quale Angelino Ciravolo è andato via senza avvisare nessuno; solo, in silenzio, con l’umiltà e la semplicità cristallina che portò dentro lo scorrere degli anni della sua vita più che ottuagenaria, nel luminoso cerchio della sua anima, col suo carico angoscioso di umanità, con il suo fardello di bene e di male.
E’ partito in punta di piedi; passato silenziosamente dal mistero della vita al mistero doloroso della morte. Senza fuochi d’artificio, senza lunghi cortei, senza alcuna “pompa magna” come si addice agli artisti di rilievo. Un corteo senza lacrime, senza dramma esteriore della morte contro la quale Angelino ha perso definitivamente l’ultima partita a scacchi. C’era solo il suono della campana della chiesa di Santa Barbara ad accompagnarlo lentamente mentre si avviava verso il cimitero, varcando la soglia del mistero per trovare definitivamente la Via, la Verità, la Luce.
Verso il cielo intanto si elevava la preghiera degli umili e nel calice vuoto del giorno restava l’amara dolcezza dei ricordi, i dolci ricordi appesi ai chiodi della fanciullezza e della memoria, veri e genuini frammenti di eternità.