95047.it “In tutte le tavole del Natale le arance trionfano. Questa frutta di stagione, uno dei simboli dell’agricoltura Made in Sicily, si presenta quest’anno ”di qualità eccellente”. A parlare è il presidente del Consorzio Arancia di Ribera Dop Giuseppe Pasciuta che all’Ansa presenta le ricette delle feste di Martino Ragusa, dagli spiedini di gamberoni nei tagliolini all’arancia alle arance tonnate e il risotto con le capesante e arancia.
Si parla di arance e leggendo l’agenzia che gira sui circuiti nazionali della stampa, da paternese, non può non balzarti ed investirti nell’impatto emotivo un unico collegamento: quello Paternò=arance. Eppure di quelle arance di cui si parla, da quel boom dove campeggia la parla “trionfo”, quella che fu l’indiscussa città delle arance per eccellenza è estromessa. Semplicemente, non esiste. Paternò non c’è.
In quello che un tempo era un settore agrumicolo che per i paternesi era un comandamento all’abbondanza, oggi si intravede solo la forza (per chi ce l’ha) della sopravvivenza. Un declino cominciato ben oltre un ventennio fa. Un settore giunto oggi sull’orlo del precipizio. La miopia delle classi dirigenti e lo tsunami legato ad una Unione Europea che ci ha chiusi in un angolo ne sono stati la pietra tombale, certo. Ma vi è purtroppo, ed è la scoperta dell’acqua calda, anche quell’individualismo esasperato che si è guardato bene dal creare un marchio che individuasse Paternò e le sue arance: l’unico modo per aggredire e competere con il mercato nazionale e oltre. Un po’ come l’arancia Dop di Ribera riportata nell’agenzia.
La teoria del “iù mi tegnu u ma’ tumminu di giardinu”, ci ha tagliati fuori. Siamo ancora in tempo per recuperare? Oggi, la domanda è superata. Occorrerebbe semmai capire se siamo nelle condizioni di fare impresa partendo dall’imporre la diffusione dell’arancia rossa anche in tutti i suoi derivati. E non è una questione di sigle (a proposito, del Dop che sta per denominazione di origine protetta) ma di consapevolezza di essere stati superati e doppiati: cosa si dirà tra altri vent’anni delle arance paternesi?
[Credits photo: Collezione Antonino Carobene]