95047.it La scorsa notte, i carabinieri della Compagnia di Catania Fontanarossa hanno eseguito una ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di due soggetti ritenuti responsabili dell’omicidio del commerciante misterbianchese Agatino Fichera, di 64 anni, commesso il 31 gennaio scorso.
La complessa attività investigativa, iniziata dal ritrovamento del cadavere carbonizzato all’interno del suo Fiat Doblò, in Contrada SIELI, ha permesso di inquadrare, sulla base di una pluralità di gravi elementi indiziari ottenuti, l’ambito dov’è maturato il delitto, quello familiare, ed il movente verosimilmente connesso a dinamiche di carattere economico.
Diversi gli elementi cardine, a supporto dell’accusa, individuati dagli inquirenti:
L’esame autoptico ha accostato la vittima, uccisa mediante percosse, al proprietario della vettura, Agatino Fichera, per cui nessun familiare aveva sino ad allora denunciato la scomparsa. Dai primi accertamenti appariva subito chiaro che il defunto, uomo schivo e da tempo in disaccordo con la famiglia, viveva infatti nel minimarket di sua proprietà dormendo all’interno della propria autovettura.
I rilievi tecnici, svolti dai militari della Sezione Investigativa Scientifica del Reparto Operativo di Catania, hanno consentito di fissare, all’interno del negozio dove questi lavorava e viveva, tracce latenti di sangue appartenuto alla vittima che qualcuno aveva cercato di eliminare con l’utilizzo di candeggina.
Alla luce di questi elementi, l’attenzione si è concentrata sui familiari, i quali, muniti di chiavi dei luoghi, potevano aver agito indisturbati per poi cercare di cancellare le tracce del delitto. I militari hanno rinvenuto, nella giacca della vittima, trovata all’interno del negozio, un registratore portatile, che riascoltato ha delineato il rapporto ormai logoro con i familiari più intimi e la premonizione che da un momento all’altro qualcuno gli potesse far del male attentando, addirittura, alla sua vita.
Le incongruenze riscontrate nel rileggere le testimonianze rilasciate dai parenti nonché l’analisi dei numerosi filmati delle telecamere di sorveglianza sequestrati, hanno permesso di stabilire che il Fiat Doblò, partito dal supermercato intorno alla 22.20 del 30 gennaio, era stato costantemente seguito da un altro veicolo, una Fiat Uno bianca, la quale, dove aver accompagnato il Doblò sino al luogo del rogo, ha compiuto esattamente il percorso inverso, tornando sino al supermercato “La Detergenza”, dove la famiglia del defunto abita al piano superiore.
Questo indizio, ha indotto a vagliare attentamente quali familiari potessero avere la disponibilità della vettura, chiudendo così il cerchio della dinamica delittuosa, sul genero, Marco Santangelo, pregiudicato per reati associativi di stampo mafioso (all’epoca sottoposto, per altra causa, agli arresti domiciliari proprio nell’abitazione ubicata al piano superiore rispetto al luogo dell’omicidio), e sul fratello Riccardo Santangelo, ventitreenne paternese, il quale la sera del fatto viene individuato, grazie ai filmati, a bordo della sua Fiat Uno Bianca, riconoscibile per vari dettagli distintivi, entrambi ripresi dalle telecamere durante il viaggio della morte nell’orario compatibile, tra le 22.20 e le 23.00, dove si vedono all’andata le due auto in coppia ed al ritorno la sola Fiat Uno con a bordo i due assassini che, nelle varie fasi dello spostamento, avevano utilizzato i loro cellulari lasciando traccia sulle celle telefoniche agganciate perfettamente compatibili con l’itinerario intrapreso dalle autovetture, in entrambi le direzioni, compreso il luogo del rogo.
Pertanto, la pluralità e la concordanza degli elementi indiziari raccolti dai Carabinieri con il coordinamento della Procura della Repubblica di Catania, guidata dal Procuratore Giovanni Salvi, hanno consentito al GIP del Tribunale etneo di emettere i provvedimenti restrittivi e il sequestro della Fiat Uno utilizzata per l’omicidio.