95047.it La paura è tanta. Restare di punto in bianco senza lavoro sarebbe un dramma di proporzioni catastrofiche per le decine e decine (per non dire centinaia) di famiglie che da un decennio ormai, portano avanti con perizia e con una professionalità riconosciuta da tutti il lavoro del call center Qè. In queste ore attraverso la nostra pagina Facebook, dove si scatenato un vero e proprio dibattito a difesa del posto di lavoro, vi abbiamo raccontato gli ultimi sviluppi. La questione è semplice ed al tempo stesso seria: a giugno scade una delle commesse del Qè, quella dell’Inps. Questo vuol dire che circa 150 dipendenti finiranno in cassa integrazione a partire da martedì 7 aprile e per i prossimi tre mesi a seguire. E dopo? Complicato supporlo oggi: di certo, le rassicurazioni sul fatto che siano stati scongiurati dei licenziamenti significa ben poco. Il problema è capire cosa accadrà dopo. Cosa attendersi in prospettiva. E’ proprio in questi frangenti che non si può – e non si deve – restare a guardare.
“Come un fulmine a ciel sereno è arrivata una settimana fa l’invito da parte dell’Azienda ai sindacati un incontro urgente per comunicare, a causa di una riduzione del 50% di chiamate sulla commessa TransCom, la più grossa dell’azienda, la dichiarazione di esuberi”, racconta il sindacalista Cisl, Antonio D’Amico. “Non è stato semplice – continua -, visti i tempi brevi dettati dall’azienda, accedere agli ammortizzatori sociali e contemporaneamente individuare tutte le soluzioni necessarie per permettere di continuare fino all’attivazione della cassa integrazione”.
“I sindacati mi hanno assicurato che si stanno studiando delle strategie per evitare ripercussioni negative per gli operatori del call center, mettendo a punto delle soluzioni per il rilancio dell’azienda – spiega il sindaco Mangano -. Il Qè rappresenta ormai da diversi anni un importante elemento di sviluppo per il nostro territorio, per questo chiedo ai vertici dell’azienda di fornire ulteriori chiarimenti in merito alle azioni che si stanno intraprendendo per evitare che venga compromesso il futuro dei numerosi operatori che vi hanno trovato impiego”.
Nel frattempo, la partita è tutt’altro che risolta. Ed allora, no. Non si può proprio restare a guardare. O ad aspettare che accada qualcosa.