I carabinieri del Comando Provinciale di Catania ed unità specializzate, dalle prime ore del mattino, stanno eseguendo un provvedimento restrittivo emesso dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale etneo su richiesta della locale Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 19 persone, dirigenti ed affiliate del clan mafioso “Laudani”, ritenute responsabili a vario titolo di associazione di tipo mafioso, nonché di associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, rapina, porto e detenzione illegale di armi, con l’aggravante del metodo mafioso.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania e sviluppate dal Reparto Operativo – Nucleo Investigativo di Catania, hanno consentito di ricostruire l’organigramma del clan – gruppo di Paternò– articolazione territoriale della famiglia mafiosa “Laudani” considerata una delle più ramificate e pericolose consorterie criminali operante nel catanese,caratterizzata da una autonomia criminale orgogliosamente rivendicata anche nei confronti di “Cosa Nostra” catanese, con la quale, peraltro, non ha disdegnato di stringere alleanze partecipando alle più sanguinose faide degli anni ottanta e novanta, con saldi legami anche con la ‘ndrangheta reggina.
Le 19 persone arrestate sono chiamate a rispondere dei delitti di associazione di tipo mafioso, in quanto ritenute appartenenti al “gruppo di Paternò”, quale articolazione territoriale della famiglia mafiosa “Laudani” facente capo a Rapisarda Salvatore e a Morabito Vincenzo inteso Enzo Lima, nonché di associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, tentata rapina, porto e detenzione illegale di armi, con l’aggravante del metodo mafioso.
L’operazione odierna costituisce naturale sviluppo dell’indagine “En Plein”, eseguita l’8 aprile 2015 che portava alla cattura di 16 soggetti (per i delitti di associazione di tipo mafioso, omicidio, tentato omicidio, porto abusivo e detenzione illegale di armi) e che consentiva di colpire duramente due contrapposti gruppi criminali operanti in Paternò, segnatamente, l’articolazione territoriale del clan “Laudani” – facente capo ai due “responsabili” Rapisarda Salvatore e Morabito Vincenzo – ed il gruppo facente capo al defunto Leanza Salvatore inserito nel clan “Assinnata”, propaggine territoriale della famiglia mafiosa “Santapaola”.
Le indagini compiute nell’ambito del citato procedimento penale “En Plein” consentivano di individuare il mandante e gli esecutori materiali dell’omicidio di Leanza Salvatore, inteso “Turi paredda”, avvenuto a Paternò il 27.6.2014, e del tentato omicidio di Giamblanco Antonino, inteso “u sciallarese”, avvenuto in Motta Sant’Anastasia il 30.7.2014.
Proprio con riguardo a questi due fatti di sangue, inoltre, lo scorso mese di maggio 2018, veniva data esecuzione ad un ulteriore provvedimento di cattura emesso dal G.I.P. a carico di 6 soggetti nei confronti dei quali, grazie alla convergenza delle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Musumarra Franco e Farina Orazio, venivano acquisiti gravi indizi di colpevolezza in merito alla loro partecipazione all’omicidio in danno del Leanza ed al tentato omicidio del Giamblanco.
Nell’arco temporale immediatamente successivo alla esecuzione dell’ordinanza cautelare En Plein del maggio 2015, il costante monitoraggio dei personaggi di vertice del clan Laudani di Paternò permetteva di accertare che, nonostante lo stato detentivo, Rapisarda Salvatore continuava a reggere dal carcere le fila del clan e veniva in ciò coadiuvato dal fedelissimo Farina Alessandro Giuseppe, il quale, essendo anch’egli detenuto, si avvaleva della moglie Mazzaglia Vanessa, del suocero Mazzaglia Antonino e del nipote Farina Emanuele Lucio per veicolare direttive ed ordini ai sodali in libertà.
Rapisarda Salvatore conferiva l’incarico di responsabile ad interim per il territorio di Paternò al nipote Marano Vincenzo (detto Enzo u squalu), il quale gestiva le “piazze di spaccio” e la cassa comune del clan, assicurando il mantenimento degli associati detenuti. Le indagini consentivano di identificare, altresì, le “nuove leve” del gruppo mafioso in questione, le quali si occupavano di portare avanti le illecite attività criminose, al fine di monetizzare le somme di denaro destinate a confluire nella cassa comune.
Attraverso i colloqui con i familiari, i detenuti venivano, a loro volta, informati dei problemi associativi da risolvere (primo fra tutti quello degli stipendi agli associati) ed intervenivano dando specifiche disposizioni da far pervenire all’esterno del carcere.
Si accertava, inoltre, che uno degli strumenti di finanziamento dell’associazione mafiosa era il traffico di sostanze stupefacenti (cocaina e marijuana), che si sviluppava sulle “piazze di spaccio” di Paternò e di Santa Maria di Licodia.
Le dichiarazioni di collaboratori di giustizia, anche recenti, riscontrate da attività di indagine tecnica e tradizionale, permettevano di ricostruire le attività criminali e l’organigramma dei gruppi Morabito e Rapisarda, operativi nei Comuni di Paternò, Santa Maria di Licodia e Belpasso.
Le indagini permettevano di far luce anche su una tentata rapina a mano armata consumata il 30.12.2017 a Paternò in danno di un distributore di carburante, nel corso della quale i due malviventi intervenuti (che venivano identificati negli arrestati Farina Emanuele Lucio e Cannavo’ Samuele) esplodevano anche un colpo d’arma da fuoco a fini intimidatori.
L’operazione di oggi, denominata “En Plein 2”, si inquadra in un’ampia strategia di contrasto della Procura Distrettuale della Repubblica di Catania e dei Carabinieri del Comando Provinciale che ha consentito, negli ultimi anni, grazie alla esecuzione dei diversi provvedimenti restrittivi citati, di disarticolare il gruppo Laudani di Paternò.
Gli arrestati sono stati associati al carcere di Catania Bicocca, Messina e Prato, in attesa dell’interrogatorio di garanzia che si terrà nei prossimi giorni.