95047.it “…Come fanno le segretarie con gli occhiali a farsi sposare dagli avvocati?”. La canzone, per quelli della mia generazione di ormai attempati quarantenni, è sempre stata una specie di mito. “Io mi ricordo, quattro ragazzi con la chitarra…”, ti entrava nella testa e non se ne andava. Anche perché nascondeva tutte le ansie, le paure, i timori di un esame di Stato del quale ti avevano parlato come un girone dantesco dal quale non saresti potuto in alcun modo uscire vivo. Ma, in fin dei conti, quelle palpitazioni erano una sorta di rispetto verso la sacralità del momento. Tra i banchi di scuola non c’erano telefonini, o whatsAppate alle quali aggrapparsi nei momenti di sconforto. C’erano libri aperti di nascosto sotto il banco. C’erano i mega gruppi di studio che si organizzavano a casa di improvvisati compagni di classe. C’erano “timore e tremore” come avrebbe detto Kierkegaard, il filosofo danese dal nome impronunciabile nel pensare a quelli che sarebbero stati gli esami di maturità. E, nell’ultimo anno di superiori, ci pensavamo sempre agli esami. “Ma tu hai studiato proprio tutto?”, “Ma d’italiano secondo te che tema esce? Io ho pronta la cartucciera con tutte le copie dei temi”, “Ma agli orali si parte con un argomento a piacere?”. Ai tempi della mia generazione il massimo voto era il 60: dal minimo 36 al massimo 60. L’esame era anche per i genitori che si affidavano a qualunque santo purché tutto finisse nel modo migliore.
E poi c’era quella frase di Nizan che diceva: “Avevo vent’anni. Non permetterò a nessuno di dire che questo è il periodo migliore della vita”. A distanza di tempo mi duole ammettere che la mia generazione ha sprecato una infinità di occasioni e tante altre le ha subite e accettate vigliaccamente: e che forse l’avere avuto vent’anni è rimasta l’unica cosa della quale andare fieri. Domani tocca a voi, maturandi paternesi: in bocca al lupo..in bocca alla balena..nelle fauci di qualunque animale voi vogliate. Non chiedetevi a che serve oggi un diploma o a cosa verrà, dopo, con l’Università. Godetevi un momento che, nella sua ansia, ricorderete per sempre. E voi no. No: non permettete che venga detto che questo sia il periodo migliore della vostra vita.