
L’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia: «non si può escludere che ci sia un coinvolgimento dell’Etna». A generare la scossa è stata una faglia verticale tra il vulcano e la piana di Catania
«Stiamo approfondendo lo studio del sisma che questa notte si è manifestato nella zona di Catania con una magnitudo di 4.8 della Scala Richter. E ci muoviamo in due direzioni controllando prima di tutto se non vi sia il coinvolgimento vulcanico dell’Etna», precisa Alessandro Amato dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. «L’alternativa – continua – è che si tratti di un movimento locale, di un assestamento di faglie».
La zona è già famosa, purtroppo, per la sua elevata pericolosità. Nel 1693 Catania fu rasa al suolo da un potente terremoto e nel 1908 Messina e Reggio Calabria subirono analoga sorte. Con quest’ultimo il sisma di questa notte non ha alcun rapporto. A generare il movimento tellurico è stata una faglia verticale che si muove orizzontalmente e l’area interessata ed è collocata in un punto di passaggio tra il vulcano e la piana di Catania. La Sicilia ha tante faglie attive per cui tutta l’isola e in un campo di stress continuo con accumuli di energia che possono determinare dei terremoti. Se alla base dei fenomeni c’è una spinta della placca africana contro la placca euroasiatica bisogna poi tener conto che molti sismi sono dovuti a spostamenti, assestamenti e deformazioni locali.
«Non si può escludere che ci sia un collegamento con il vulcano – spiega Eugenio Privitera direttore dell’Osservatorio Etneo dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia – Il sisma si è originato ad una profondità tra i 5 e 7 chilometri, simile a quella di altri verificatisi negli ultimi tempi. Con la rete Gps e dei sensori geofisici stiamo seguendo una fase di rigonfiamento del vulcano. Per questo ci possono essere dei processi di ricarica del magma che provocano una reazione delle rocce. Però dobbiamo indagare più a fondo per capire se effettivamente esiste un legame con l’Etna».