95047.it La secentesca chiesa di ‘Gesù e Maria’ di Paternò (meglio conosciuta col nome di Pantheon) grida ancora aiuto. Da quando l’11 ottobre del 2013 – attraverso una conferenza organizzata dalla Fidapa – fu lanciato l’allarme per il suo recupero architettonico, nulla ancora è stato fatto. In quella occasione parteciparono storici e tecnici per presentare alla città la valenza artistica dell’edificio, e oltre a rappresentanti della cultura vi presero parte esponenti delle istituzioni e della politica. Allora tutti furono concordi sulla necessità di salvare la chiesa cercando i fondi necessari al restauro. Ma dato che ancora nulla di concreto è stato fatto, vogliamo rilanciare un’emergenza che sembra essere caduta nel dimenticatoio. La chiesa di ‘Gesù e Maria’, che sorge su piazza Santa Barbara nel tratto iniziale della strada che sale verso la Collina storica, è stata edificata dal 1654 al 1659 per accogliere l’omonima Confraternita che ancora la possiede, la custodisce e se ne prende cura coi pochi mezzi a sua disposizione. Nel corso dei decenni successivi si è arricchita di opere d’arte barocche quali decorazioni in stucco e marmo, altari e dipinti. Nel 1931 la chiesa fu adibita a Sacrario dei Caduti paternesi della Prima guerra mondiale. Opportuni studi tecnici sono stati eseguiti già da tempo per valutarne l’intervento di recupero e i probabili costi. L’edificio necessita con urgenza del ripristino del tetto della sacrestia (già crollato), del consolidamento strutturale, del rifacimento dei prospetti esterni e del restauro delle numerose opere d’arte contenute al suo interno.
Purtroppo, ed è sconcertante, come sempre accade per la opere storico-monumentali reperire i fondi necessari è sempre un’impresa ardua. A rendere burocraticamente più complessa la situazione è il fatto che l’edificio appartiene all’omonima Confraternità, ovvero non è di proprietà della Diocesi di Catania, un fatto che sembrerebbe escludere di fatto il monumento da qualsiasi lista di interventi di recupero; in pratica né la Diocesi, né la Soprintendenza né altri enti pubblici sembrano essere interessati al recupero ed avere i soldi necessari da stanziare. In questo caso una soluzione potrebbe derivare da finanziamenti privati, magari da parte di qualche imprenditore (che sia paternese o meno non ha alcuna importanza) che si faccia carico delle spese necessarie. Si tratterebbe di un’opera meritoria verso il patrimonio storico della città e dell’intera collettività, magari con un tornaconto di immagine e pubblicità per l’eventuale mecenate.
Il recupero della chiesa del Pantheon rappresenta indubbiamente un arduo progetto che attende uomini di buona volontà. In casi analoghi il “sogno” si è realizzato, e ciò a dispetto del totale abbandono di parte del nostro patrimonio artistico. Ed è per questa ragione che, assieme all’allarme, lanciamo anche la sfida a chi deve e a chi può.
“A rendere burocraticamente più complessa la situazione è il fatto che l’edificio appartiene all’omonima Confraternità, ovvero non è di proprietà della Diocesi di Catania, un fatto che sembrerebbe escludere di fatto il monumento da qualsiasi lista di interventi di recupero”. Perché? Secondo quale criterio il fatto che la chiesa non sia di proprietà dell’arcidiocesi costituisce un impedimento al recupero? La chiesa di S. Caterina appartiene all’omonima confraternita ed è stata recentemente restaurata. Tra l’altro quasi nessuna delle chiese cittadine appartiene alla diocesi, ma sono in proprietà alle omonime parrocchie che sono in possesso di personalità giuridica autonoma. Per il recupero del Pantheon serve solo che, a parte i soliti proclami, i diversi protagonisti si siedano attorno ad un tavolo per concordare il percorso tecnico-amministrativo. La Città resta in attesa.
Chiaro e preciso.