95047.it Il 14 luglio del 1943 Paternò conosce la guerra. Quella fatta di morte. E del terrore della morte. Arriva d’improvviso e piomba dall’alto. Due formazioni di aerei americani della Northwest African Tactical Air Force (NATAF), sganciano 35 tonnellate di bombe medio-leggere sulla città accaldata dall’afa. È un mercoledì pomeriggio, sono le due e un quarto ed il sole diventa nero. Gli ordigni colpiscono principalmente l’area urbana delimitata dalle vie G.B. Nicolosi, Nuova Circumvallazione, S. Gaetano, S. Paolo e Garibaldi, dove si contano i danni maggiori alle abitazioni ed un alto numero di morti e feriti. Sotto le macerie, quel giorno, restano i corpi di oltre quattrocento persone. I feriti sono un migliaio e alcuni di loro trovano cure presso l’ospedale SS. Salvatore, a quel tempo situato ai piedi della collina storica; altri vengono sistemati alla meglio nell’ospedale da campo, approntato per l’emergenza nel giardino Moncada, la villa comunale.
Trascorrono meno di ventiquattro ore e altre bombe uccidono ancora. Sotto gli ordigni degli aerei americani perdono la vita altri civili. E restano uccisi quasi tutti i feriti che il giorno prima avevano trovato cure nell’ospedale da campo. Muoiono bruciati vivi dentro la grande tenda marrone con la croce rossa stampata su un lato. Alla villa Moncada trova la morte anche un padre Cappuccino, Vincenzo Ravazzini, di 33 anni, emiliano di Castellarano. Di lui alcuni superstiti raccontano di averlo visto durante i bombardamenti muoversi tra le barelle in fiamme, da bere ai moribondi e poi, con il crocefisso in mano, piegato al capezzale dei sofferenti per impartire loro l’estrema unzione. Il suo corpo viene trovato con la schiena squarciata da una grossa scheggia, il volto immerso nel sangue misto a terriccio.
Nei giorni seguenti altre incursioni aeree su Paternò provocano ancora morti e feriti. Il 17, il 22, il 26, il 31 luglio. E poi ancora l’1 agosto; mentre il 2 si registra l’ennesimo bombardamento su Sferro.
Dal 14 luglio all’1 agosto Paternò viene bombardata per sette volte. Sul suo territorio, e principalmente a Gerbini, le incursioni sono più numerose e hanno inizio già alcuni mesi prima dello sbarco degli Alleati sull’isola. Il paese è diventato obiettivo strategico con la battaglia di Primosole (dal 13 luglio) e di Sferro (dal 17 luglio ai primi giorni di agosto), anche se alcune incursioni, come quella del 15 luglio, rientrano nella tattica, assai contestata da alcuni osservatori dell’epoca, dei bombardamenti a tappeto effettuati con il solo fine di demoralizzare la popolazione civile.
[Tratto dal libro “L’estate del ’43” di Ezio Costanzo, Le Nove Muse Editrice – www.novemuse.com]