Riceviamo e pubblichiamo una nota di Francesco Finocchiaro avente a tema Le Periferie:
Il laboratorio sperimentale – che si sta realizzando nel Liceo De Sanctis di Paternò – comincia a restituire alcuni risultati sorprendenti. Il DART, che poi è il Dipartimento di Arte, Rappresentazione e Territorio del Liceo (coordinato da Mario Gelardi) sta sviluppando alcune ricerche, parallelamente al laboratorio “La Città” per indagare il senso di appartenenza e d’identità degli adolescenti a questo territorio – e in particolare per questa annualità – allo spazio delle periferie urbane.
Lo studio della Storia dell’Arte e in particolare quella che ha declinato nei secoli la storia della città è il palinsesto su cui si sviluppano gli approfondimenti laboratoriali legati alla “narrazione” delle parti e delle stratificazioni che il “paesaggio città” ha sedimentato nei secoli. La periferia è l’oggetto di questo primo momento di analisi e su di essa sono rivolte le attenzioni dei ragazzi – con l’uso di strumenti come la fotografia, la poesia, la video art e il disegno. Alcuni esperti come Giuseppe Mirenda (fotografo/architetto) e Andrea Coppola (videomaker) hanno guidato in questa prima fase del laboratorio i ragazzi con i professori: Monica Corsaro, Maria Grazia Puglisi e il sottoscritto.
Il progetto di ricerca, ambizioso per i risultati che vuole raggiungere nei prossimi tre anni, registra un prima riflessione. Come viene percepita la periferia urbana dagli adolescenti di questo territorio? (che afferisce a Paternò, Belpasso, Ragalna, Misterbianco, Motta, Nicolosi, Santa Maria di Licodia e Centuripe in quanto i ragazzi provengono da questi centri).
Nella letteratura consolidata, la periferia è il luogo della marginalità, del degrado, dell’incompiuto. Un “non luogo” che genera alienazione e perdita di identità. Lo spazio limite o borderline che diventa poroso e liquido allo stesso tempo nel rapporto tra città consolidata e campagna, assorbendo tutte le contraddizioni della città contemporanea.
Gli esperti della pianificazione (Architetti, sociologi e urbanisti) si sono sempre posti – come risolutori di queste patologie, attraverso l’esercizio del progetto di architettura alla scala urbana con diverse metodologie operative.
L’analisi dei risultati fin qui raggiunti – valutando il lavoro dei ragazzi – ha evidenziato un diverso modo di percepire la periferia rispetto alla letteratura consolidata.
Gli studenti intervistati hanno evidenziato valori percettivi come: libertà, luce, verde, natura, aria, speranza, spazio, incontro, ecc. e in pochi hanno denunziato delle criticità.
Si tratta della proiezione di desideri collettivi o di un diverso modo di pensare la città? E’ il tentativo di scappare dal centro urbano – che perde sempre più le sue capacità attrattive – ingolfato da traffico, ruderi e privo di spazi verdi? E’ il sogno di ridisegnare la propria città a partire da uno spazio privo di tracce storiche?
Una cosa è certa, i ragazzi chiedono spazi per studiare, biblioteche per incontrarsi e sperimentare nuovi progetti.
La possibilità di vivere in luoghi in cui costruire nuovi orizzonti, a partire dalla cura degli spazi pertinenziali come i giardini, gli orti e gli slarghi (da adibire a campetti per il gioco).
La periferia è quindi percepita come spazio per la creatività, per la trasformazione collettiva, per la condivisione. Una forma nuova di resilienza e in questo senso appare illuminante la presenza – in un quartiere come la mezza luna – di orti urbani pertinenziali a cura degli stessi abitanti (in un luogo in cui non sono presenti ne specialisti della sostenibilità ne il governo della città).
Alcuni forme di progetto, (auto costruito) come quelle che si riscontrano nella zona di scala vecchia e San Biagio ci restituiscono una modalità di trasformazione dello spazio urbano che – a partire dalle agenzie formative – (scuola, parrocchia, associazionismo) può determinare un modello locale da approfondire.
I ragazzi hanno voglia di costruire la loro città a partire dagli spazi collettivi, di relazione, di svago, di studio.
Proprio così, la richiesta più frequente è quella di spazi per lo studio e la ricerca. In un momento in cui prevale il modello di “uomini e donne” tra i giovani colpisce questa richiesta.
Gli adolescenti vogliono trasformare gli spazi residuali e interstiziali, conquistare nuovi territori che si presentano come permeabili alla modificabilità. L’avventura tra le pietre, la vegetazione, il pericolo.
La periferia come spazio per sperimentare. La periferia come luogo per migliorare la propria esistenza. Forse l’ultima frontiera di un’umanità che si perde sempre più. La periferia di questa città ha qualcosa da dirci e forse può aiutarci a trovare le ragioni per rigenerare anche il centro urbano che sta diventando sempre più una nuova “periferia”.
Forse bisogna ridefinire un nuovo paradigma del progetto nelle aree periferiche di questa città a partire dalla partecipazione e dalla condivisione delle strategie, a partire dal recupero dell’umanità e della liturgia sociale locale, a partire dalla ridefinizione del concetto di bellezza architettonica che non può prescindere da forme, tecniche e materiali che caratterizzano questi luoghi.
Questa è al scuola che vogliamo, impegnata a costruire la cultura della cittadinanza per essere sempre più incubatore di felicità e bellezza.
Mi riconosco pienamente nel pensiero di Francesco e nei risultati del lavoro svolto dagli studenti. Credo proprio che il nostro futuro, il futuro di tutti, sta nel riconoscere i luoghi del territorio in cui si vive … come “propri”.; e nello stesso tempo riconoscersi in quei luoghi come se si fosse in”casa propria”. Riaconquistare, riacquisire, riacquistare la capacità di rispettare, far rispettare ed essere orgogliosi della propria città. Bravi questi ragazzi, bravi gli insegnanti. Continuate così !!!.