E adesso preghiamo, oppure chiediamo

95047.it E’ notte e la terra trema. Amatrice è tra le più colpite, ma c’è pure Norcia. Il terremoto sveglia le popolazioni dell’Italia centrale, sveglia uomini e donne e inizia l’incubo. Le macerie straziano i corpi e riportano alla nostra memoria i terremoti che hanno segnato la nostra Italia, la nostra Sicilia. Le immagini in TV non vengono da Aleppo, non vengono da Bagdad ma dall’Umbria. La macchina dei soccorsi si mette in moto, prima i volontari, poi la stampa e infine i mezzi della protezione civile. E il pensiero corre verso i nostri amici in vacanza da quelle parti.
I telegiornali e la stampa – nazionale e internazionale – rimbalzano le dichiarazioni del sindaco di Amatrice: il paese non c’è più, è crollato tutto.
Gli aiuti sono immediati, l’organizzazione dei soccorsi segue un protocollo, delle procedure e le parole di solidarietà arrivano da tutte le parti: il Papa, la Francia, la Germania, la Cina, gli USA, la Comunità Europea e tanti altri. Si comincia a parlare di ricostruzione, di raccolta fondi e di volontari che possono intervenire da ogni luogo.

E adesso preghiamo, oppure chiediamo.
Si, perché il “secondo” pensiero ci porta a considerare l’ipotesi che la nostra città, il nostro più vicino territorio o la nostra casa, possa essere colpita dallo stesso dramma. Il terremoto.
Noi Siciliani e in particolare noi della parte orientale, abbiamo ancora vivo il ricordo del sisma del 1693 della Val di Noto, quel sisma che ha segnato per sempre i nostri paesaggi – nel bene e nel male.
Quando le notizie arrivano dalla TV sembrano lontane, distanti, quasi irreali o finte come un film. Invece sono vere, crude, drammatiche. Persino quando ci arrivano dalla storia – come le eruzioni dell’Etna o gli ultimi eventi di Santa Lucia, ci appaiono più lievi e se poi pensiamo all’enorme giacimento culturale del Barocco Siciliano ci sentiamo persino confortati.
Ma non è così. Il terremoto porta morte e distruzione. Qualche volta anche corruzione e speculazione. Retorica e demagogia, bla bla bla e città dell’emergenza che fanno più danni del terremoto stesso.

E adesso preghiamo, oppure chiediamo.
Meglio chiedere o forse chiedere perdono, in qualche caso. Per quello che avremmo potuto e dovuto fare, perché da anni geologi, ingegneri, architetti, scienziati e… il Papa (si persino il Papa) ci hanno messo in guardia per mettere mano alla messa in sicurezza del nostro Paese.

Meglio chiedere.
Perché invece di chiudere gli ospedali, non si mettono in sicurezza, per essere pronti in quanto edifici sensibili?
Perché non si riattivano le linee ferrate, che dalle aree di smistamento di protezione civile (vedi Bicocca a Catania) portano i soccorsi immediatamente nelle aree interne, passando dalle stazioni periferiche? (invece di lasciarle dismesse)
Perché non si investe nelle infrastrutture stradali creando corridoi protetti per l’accessibilità dei mezzi gommati, evitando per esempio che ponti e viadotti crollino, bloccando tutto?
Perché non si censisce il patrimonio immobiliare per valutare dove intervenire subito per evitare le catastrofi annunciate?
Perché non si studiano, si elaborano e si adottano – con l’aiuto di veri esperti – i piani di protezione civile, invece di far finta per poi annunciare: ci stiamo lavorando, perché noi lavoriamo a tutto, noi. Solo noi. Quindi, noi pensiamo a tutto. Ma nel frattempo preghiamo perché nulla accada (e non parlo certo degli ultimi anni).
Perché ancora oggi cadono calcinacci e altro all’interno delle scuole appena manutentate?
Potrei continuare ancora con altri perché, ma non è il momento.

Siamo in ritardo su tutto, e spesso invece di affrontare il problema ci concentriamo, o sulle colpe altrui o mettendo sotto il tappeto la polvere o peggio ancora difendendo fanaticamente la torre del re.
Quanta economia si attiverebbe se si puntasse sul comparto edilizio, pubblico e privato (dopo una programmazione attenta) nei settori sicurezza, ambiente ed energia?
Bisognerebbe attivare politiche precise, facendo confluire risorse finanziarie e umane.
Recentemente, il Ministro dell’Ambiente, ha messo a disposizione fondi per il recupero ambientale, “noi” ci stiamo pensando? La Sicilia avrà molti miliardi da gestire grazie alla delibera del CIPE di qualche settimana fa, “noi” abbiamo l’idea di cosa fare? Oppure raccoglieremo qualche progettino pronto per inserirlo nella lista per poi farci bocciare tutto per i soliti motivi? La Città Metropolitana di Catania ha diversi milioni di euro da spendere, “noi” ci siamo, oppure tenteremo di barattare il nostro silenzio con qualche “favorino “politico?

E adesso preghiamo e chiediamo? Le Città e gli uomini che li abitano aspettano risposte oltre che miracoli.

3 Comments

  1. Io aggiungerei pure: chiediamo a tutta la politica perché il C.O.M., (Centro Operativo Misto è un Centro Operativo di livello superiore, paragonabile per certi aspetti al successivo C.C.S.. Durante un’emergenza che copre una vasta area possono essere più di uno, e venire costituiti ad hoc al fine di avere un “occhio e braccio operativo” il più possibile vicino al luogo dell’evento) versa in condizioni pietose? Per non parlare dell’ospedale…
    Non ci rendiamo conto che, in gravi situazioni, sono le due strutture primarie di coordinamento e soccorso?

  2. O.K. OTTIMO ARTICOLO.
    In accordo al 100% con quanto scritto.
    Bravo all’autore dello stesso.

    Saluti

    S. Calanni

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